Colleghi, non chiedete onorari con il 702 bis: si rischia l’inammissibilità del ricorso.
Visto il pericoloso orientamento consolidatosi, oramai, in quasi tutti i Tribunali, vi consiglio vivamente di chiedere il pagamento giudiziale dei vostri onorari in via ordinaria o monitoria, ma MAI, dico MAI e ripeto MAI, con il procedimento speciale sommario ex art. 702 bis cpc.
Per come noto il decreto c.d. taglia riti (Dlgs 150/2011) in vigore dal 6/10/2011, attraverso un’opera di razionalizzazione e semplificazione della normativa speciale in materia civilistica, ha ‘tagliato’ o meglio ha ridotto i circa 30 riti fino ad oggi esistenti nel codice di procedura civile, in tre modelli procedimentali di base, cioè il rito del lavoro, il rito ordinario di cognizione e, appunto, lo speciale rito sommario ex art. 702 bis cpc.
Tra le controversie ‘trattabili’ con il rito speciale sommario, rientra quella ‘vecchia procedura’ di cui all’articolo 28 della L. 13/6/42 n. 794 per il recupero degli onorari legali: dalla data di entrata in vigore del Dlgs 150, quindi, questo procedimento speciale non è più esperibile, poiché sostituito (o meglio ‘tagliato’) con il procedimento speciale sommario.
Lo prevede espressamente l’art. 14 del Dlgs 150/11 1 disponendo, tra l’altro, anche una nuova ipotesi di competenza territoriale, da radicare nell’ufficio giudiziario di merito adito per il processo nel quale l’avvocato ha prestato la propria opera.
La norma stabilisce, inoltre, che il tribunale investito della questione sugli onorari, decide in composizione collegiale, con ordinanza non appellabile.
Per capire meglio ‘la trappola’ insita nel nuovo procedimento, che rischia di peggiorare la nostra situazione economica (se il ricorso è inammissibile, infatti, perdiamo il contributo unificato pagato e le spese sino a quel momento affrontate… oltre a non recuperar nulla per il lavoro prestato) è necessario fare un passo indietro, esaminando la giurisprudenza formatasi sotto la vecchia procedura del ’42.
Nel ricorso ex L. 794, ove il cliente, convenuto in giudizio, contesti il rapporto professionale ovvero la natura giudiziale delle prestazioni, oppure avanzi comunque una domanda o solo una eccezione in grado di ampliare il thema decidendum introducendo nel processo un petitum diverso rispetto alla mera liquidazione delle spettanze del legale, o solo semplicemente domandando una istruzione ‘non sommaria’, il ricorso veniva dichiarato inammissibile.
Le pronunzie incriminate sono numerose, a partire dalla n. 17622 del 10/08/2007, continuando poi con la n. 23344 del 09/09/2008, e la 13640 del 04/06/2010. Ultima in ordine cronologico è la 17053 del 05/08/11 che ha confermato in pieno 2 le precedenti, addirittura confermando l’inammissibilità del ricorso anche solo se il convenuto manifesti l’intenzione di spiegare una riconvenzionale (senza, però, farlo!!!).
Ebbene tale giurisprudenza, formatasi sotto il vecchio procedimento camerale, viene ritenuta applicabile anche nella procedura ex art. 702 bis cpc per la liquidazione di onorari, come introdotta dall’art. 14 Dlgs 150/11.
Se ne trae conferma dalla relazione al decreto taglia riti, in cui si afferma (in relazione all’art. 14) che: “Le controversie in questione sono state ricondotte al rito sommario di cognizione, in virtù dei caratteri di semplificazione della trattazione e dell’istruzione della causa evidenziati dal rinvio, ad opera della normativa previgente, alla disciplina dei procedimenti in camera di consiglio, e del resto corrispondenti al limitato oggetto del processo. Al riguardo, non è stato ritenuto necessario specificare che l’oggetto delle controversie in esame è limitato alla determinazione degli onorari forensi, senza che possa essere esteso, in queste forme, anche ai presupposti del diritto al compenso, o ai limiti del mandato, o alla sussistenza di cause estintive o limitative. Tale conclusione, ormai costantemente ribadita dalla giurisprudenza di legittimità, non viene in alcun modo incisa dalla presente disciplina, in assenza di modifiche espresse alla norma che individua i presupposti dell’azione, contenuta nella legge 13 giugno 1942 n. 794”.
Il procedimento ex art. 14 del D.lgs. 150/2011 ha quindi mantenuto le medesime caratteristiche, anche di semplicità, dell’accertamento di cui all’art. 29 della L. 794/1942.
Il legislatore della ‘riforma taglia riti’ non dice espressamente (come al solito), però, quale sia la sanzione a carico del procedimento 702 bis, connessa ad alcune particolari contestazioni del cliente (v. sopra: riconvenzionale, allargamento petitum, richiesta di istruzione non sommaria).
Vi è tuttavia un dato normativo che può far ritenere che queste conseguenze non siamo mutate rispetto all’orientamento che si era formato in precedenza sotto l’art. 24 della L. 794/42.
In particolare lo si desume dall’art. 14, comma 3, che come già l’art. 29, comma 3, della L. 794/1942, prevede la possibilità per il cliente di “stare in giudizio personalmente”: da ciò ne consegue che tale norma e tale procedimento non possa trovare applicazione, e il giudizio non possa affatto proseguire, quando le eccezioni del convenuto comportino un ampliamento del thema decidendum, perché il resistente senza l’assistenza tecnica si troverebbe in posizione di inferiorità rispetto all’avvocato proprio nel momento in cui il giudizio diviene più complesso.
Allorquando, quindi, le difese del convenuto amplino l’oggetto dello speciale giudizio volto alla liquidazione dei compensi dell’avvocato (ora confluito nel ricorso ex art. 14 Dlgs 150/11, avviabile con le forme dell’art. 702 bis cpc), l’unico scenario possibile pare proprio una pronuncia d’inammissibilità del ricorso.
Sarebbe da escludere infatti:
1) sia la conversione del rito ai sensi dell’art. 702 ter, comma 3, c.p.c., poichè l’art. 3, comma 1, del D.lgs. 150/2011 ne esclude espressamente l’applicabilità al procedimento in esame.
2) che la scissione/separazione della questione introdotta dal convenuto da quella sull’an della pretesa dell’avvocato, atteso che secondo l’insegnamento della Suprema Corte, si tratterebbe di un’eccezione in senso proprio non separabile per ragioni di speditezza o di opportunità e il giudice non sarebbe autorizzato ad applicare la regola del “solve et repete”, né a pronunciare condanna con riserva delle eccezioni del convenuto” (Cass. sez. II, 22 maggio 1981, n. 3361).
A seguito della pronuncia d’inammissibilità del ricorso ex art. 14 D.lgs. 150/2011 all’avvocato non rimane pertanto, a tutt’oggi, che riproporre la domanda nelle forme del giudizio di cognizione ordinario o sommario ordinario.
NOTE: Note a piè di pagina
- 1. Art. 14 Delle controversie in materia di liquidazione degli onorari e dei diritti di avvocato – 1. Le controversie previste dall’articolo 28 della legge 13 giugno 1942, n. 794, e l’opposizione proposta a norma dell’articolo 645 del codice di procedura civile contro il decreto ingiuntivo riguardante onorari, diritti o spese spettanti ad avvocati per prestazioni giudiziali sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non diversamente disposto dal presente articolo.
2. E’ competente l’ufficio giudiziario di merito adito per il processo nel quale l’avvocato ha prestato la propria opera. Il tribunale decide in composizione collegiale.
3. Nel giudizio di merito le parti possono stare in giudizio personalmente.
4. L’ordinanza che definisce il giudizio non e’ appellabile.[↩] - 2. Cass. civ. Sez. II, Sent., 05-08-2011, n. 17053 onorari
Svolgimento del processo
Con ricorso L. 13 giugno 1942, n. 794, ex art. 28 gli avvocati S.G., S.F. e F.L. chiedevano al Tribunale di Venezia la liquidazione della parcella per spese, diritti e onorari relativi alla difesa di T.B. in un procedimento civile. Il T., con un documento scritto, contestava la pretesa manifestando l’intenzione di formulare richiesta riconvenzionale di rimborso per danni materiali e morali.
Con ordinanza depositata in data 14/12/2004 il Tribunale di Venezia dichiarava di non accogliere il ricorso in quanto, per la radicale contestazione della pretesa da parte del T., non poteva trovare applicazione lo speciale procedimento previsto dalla L. n. 794 del 1992, artt. 29 e 30 limitato ai casi aventi ad oggetto la determinazione della misura del compenso e pertanto i ricorrenti dovevano far valere il proprio credito ricorrendo alle vie ordinarie.
Avverso tale decisione propongono ricorso straordinario per Cassazione, notificato il 2/11/2005, S.G., F. S. e F.L. sulla base di due motivi. Non ha svolto attività difensiva l’intimato.
Motivi della decisione1. Con il primo motivo i ricorrenti, lamentando violazione della L. n. 794 del 1942, art. 29, comma 6 censurano la decisione impugnata laddove ha escluso l’ammissibilità del procedimento speciale; si assume che il giudice avrebbe dovuto limitarsi a prendere atto della mancata comparizione di controparte e, quindi, liquidare la parcella, anche tenendo conto che il T. manifestava l’intenzione di proporre domanda riconvenzionale senza peraltro proporla.
2. Con il secondo motivo i ricorrenti, denunciando violazione e falsa applicazione art. 24 Cost., comma 2, art. 111 Cost., comma 2 e art. 101 c.p.c. lamentano che il Tribunale, una volta esclusa la sussistenza delle condizioni per la decisione secondo il procedimento camerale, avrebbe dovuto disporre il mutamento del rito e, quindi, decidere nel merito.
3. Il Tribunale di Venezia ha ritenuto (con valutazione di merito ad esso riservata) che il credito del professionista fosse contestato e che, di conseguenza, non fosse applicabile lo speciale procedimento abbreviato di cui alla L. n. 794 del 1942, artt. 28 e 29 e del R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 68 che l’avvocato può promuovere per ottenere dal suo cliente il pagamento delle spese, dei diritti e degli onorari relativi all’attività professionale prestata. L’ordinanza in tal senso pronunziata non è impugnabile con ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. perchè non ha contenuto decisorio, non acquista autorità di giudicato e non preclude la possibilità di proporre la domanda di liquidazione degli onorari in via ordinaria (cfr. Cass. sez. 2, 29/1/1996, n. 672; Cass. Sez. 2, 30/8/2001 n. 11346).
Inammissibile è anche la richiesta di annullamento del provvedimento al fine di ottenere il mutamento del rito con conseguente conservazione degli effetti dell’iniziale ricorso: il mutamento del rito, nel caso di specie, non è previsto da alcuna norma nè potrebbe trovare fondamento sulla base di applicazione analogica di norme dettate per altre controversie posto che il mutamento del rito ha finalità di consentire la conservazione degli atti già compiuti, ma presuppone l’esistenza di due procedimenti a cognizione piena, mentre lo speciale procedimento per la liquidazione degli onorari è sommario e ha un oggetto diverso rispetto a quello per il quale si procede con cognizione ordinaria; ne discende che la conservazione degli atti non potrebbe essere realizzata (cfr. Cass. sez. 2, 9/9/2008 n. 23344, modificando il precedente e risalente orientamento di cui a Cass. sez. 2, 24/2/2004 n. 3637).
3. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, ma non v’è luogo a provvedere sulle spese di questo giudizio di Cassazione in quanto l’intimato non si è costituito.
P.Q.M.La Corte dichiara inammissibile il ricorso.[↩]