A stabilirlo è stata la Suprema Corte a Sezioni Unite, chiamata a pronunciarsi, lo scorso 27/3 per chiarire “se, anche dopo l’emanazione del codice di autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati, adottato il 4 aprile 2007, ritenuto idoneo dalla Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi essenziali con delibera del 13 dicembre 2007, permanga il potere del giudice, in caso di adesione del difensore all’astensione, di disporre la prosecuzione del giudizio, in presenza di esigenze di giustizia non contemplate nel codice suddetto“.
Ebbene, adesso è certo che quando l’avvocato partecipa alla astensione, il giudice deve rinviare l’udienza, salvo che “sussistano situazioni che rendano indifferibile la trattazione del processo“.
La decisione si pone, anche se con un sensibile miglioramento verso l’avvocatura, nella scia delle precedenti (Cass. 1567/13) che sulla scorta della dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 2, commi I-V della L. 146/1990 (nella parte in cui non prevedeva, nel caso dell’astensione collettiva degli avvocati e dei procuratori legali, l’obbligo di un congruo preavviso, e non prevedeva strumenti idonei ad individuare e assicurare le prestazioni essenziali), hanno disposto che il difensore aderente all’astensione collettiva legittimamente deliberata ha il diritto di ottenere un differimento della trattazione della causa, purché tale adesione sia portata a conoscenza dell’Ufficio giudiziario.
Da oggi il diritto di astenersi dall’attività di udienza, quindi, non nasconde più insidie per gli avvocati.