Probabilmente dopo la mediazione civile, sarà il turno della mediazione tributaria, dal 7 febbraio scorso (grazie alla ordinanza n. 18 della Commissione tributaria provinciale di Perugia) pure al vaglio della Corte Costituzionale, per presunta violazione degli artt. 3, 24 e 25 della Costituzione.
Per come noto la ‘mediazione tributaria‘ è un istituto introdotto dall’art. 39 comma 9 del D.L. 98/11 (conv. L. 111/11), che ha inserito, nel DLgs 546/92 (Disposizioni sul processo tributario), il nuovo art. 17 bis (rubricato Reclamo e Mediazione).
Al pari della oramai estinta mediazione civile, anche la mediazione tributaria è un rimedio preliminare obbligatorio, da esperire laddove si intenda impugnare un atto emesso dall’Agenzia delle Entrate di valore non superiore ai ventimila euro. L’inosservanza degli obblighi introdotti dall’art. 17bis comporta l’inammissibilità della domanda di impugnazione dell’atto emesso dall’Agenzia delle Entrate alla Commissione Tributaria.
In altre parole, quando il contribuente riceve la notifica di un atto proveniente dall’Agenzia delle Entrate, di valore non superiore a ventimila euro, dovrà necessariamente avviare il procedimento di mediazione, altrimenti la Commissione tributaria adita, si pronuncerà SOLO per l’inammissibilità della istanza.
La mediazione obbligatoria si applica agli atti:
– notificati a decorrere dal 1° aprile 2012;
– di valore non superiore a 20.000 euro (tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate)
– emessi dall’Agenzia delle Entrate ed autonomamente impugnabili (es. avviso di accertamento, avviso di liquidazione, rifiuto anche tacito alla restituzione di tributi o accessori, diniego/revoca di agevolazioni, rigetto di domande di definizione agevolata, ecc).
Ritornando alla incostituzionalità, la prima critica mossa dalla CTP di Perugia è che, anzitutto, non vi sarebbe terzietà nella mediazione, poiché l’organo deputato a gestire questa fase obbligatoria, appartiene all’Agenzia delle Entrate.
La CTP attacca, inoltre, l’obbligatorietà di tale istituto, che già in materia civile ha causato, per una nota decisione della Consulta, una censura quasi totale del DLgs 28/10 introduttivo della media-conciliazione.
A tutto ciò, inoltre, si aggiunge il fatto che in questa fase il contribuente non gode di tutela cautelare, giacché non gli è possibile, prima della costituzione in giudizio, quindi decorsi almeno novanta giorni dalla notifica del reclamo, invocare tutela cautelare, posto che il contenzioso non è ancora pendente (artt. 24 e 25 Cost).
L’incostituzionalità di tale istituto, poi, dovrebbe essere dichiarata anche per violazione dell’art. 3 della Costituzione: infatti, non si comprende il motivo 1) della limitazione di valore di cui l’art. 17-bis cit. (non superiore a ventimila euro), 2) né del fatto che gli unici atti soggetti a conciliazione siano quelli provenienti dall’Agenzia delle Entrate (e non anche a quelli emessi da altri Enti impositori). Tanto comporta una ingiusta disparità di trattamento con i contribuenti obbligati al pagamento di un debito superiore ad € 20.000 e/o impegnati verso altri impositori, che non godono della stessa tutela giuridica.
Vedremo.