Possibile la diffamazione a mezzo stampa di un Pub, pure se il fatto narrato non è ascrivibile al gestore. Cass. Pen. 949/2012




Si tratta di una grande vittoria dello Studio Legale De Cicco – Iapicca – Scrivano, ed in particolare dell’Avv. Dorothy De Cicco in collaborazione con l’Avv. Massimo Petrone, pure del foro di Cosenza, che ha sottoscritto il ricorso per Cassazione.

La Suprema Corte torna, quindi, a parlare della diffamazione a mezzo stampa, stabilendo un importante principio di diritto, tutto a favore delle persone giuridiche, ovvero delle persone diverse da quelle fisiche, se assumono la qualità di persone offese del reato di diffamazione a mezzo stampa.

Nel caso di specie, il Tribunale di Cosenza, al quale si era rivolto l’amministratore di un noto Disco Pub della provincia di Cosenza, per chiedere tutela su ripetute diffamazioni a mezzo stampa perpetrate ai suoi danni dal quotidiano locale Calabria Ora, ed in particolare su un articolo palesemente falso che annunciava come realmente avvenuto ‘un accoltellamento di un buttafuori ad opera di un avventore del locale’ in realtà mai verificatosi (nonché attribuendo al locale anche un altro evento delittuoso, per vero avvenuto a Cosenza, Piazza Europa), dopo numerose archiviazioni, in conseguenza ad una imputazione coatta, riteneva l’irrilevanza penale del fatto poiché il giornalista non aveva ascritto al gestore del locale alcuna condotta riprovevole, ma aveva narrato un fatto potenzialmente idoneo, soltanto, ad incidere sull’avviamento commerciale.

Secondo il GUP del Tribunale, infatti, per assumere rilevanza penale ‘occorre quantomeno la divulgazione di comportamenti riferiti alla parte lesa che alla luce dei canoni etici condivisi dalla generalità degli associati, siano suscettibili di incontrare la riprovazione della communis opinio‘.

Non è dello stesso avviso la Corte di Cassazione che, in accoglimento del ricorso del titolare del Disco Pub, ha stabilito (sentenza 949/2012) che:

1) è pacifico in giurisprudenza che non solo una persona fisica, ma anche una entità giuridica e di fatto, una associazione, una fondazione o una società possa rivestire la qualifica di persona offesa dal reato di diffamazione. E’ infatti concettualmente ammissibile l’esistenza di un onore e di un decoro collettivo, quale bene morale di tutti gli associati o membri, considerati come unitaria entità, capace di percepire l’offesa. In questa scia è stato ritenuto che possa percepire l’offesa diffamatoria una comunità religiosa, un partito politico, un Consiglio dell’Ordine, uno studio professionale, una società di capitali, sia come riflesso all’offesa recata da un singolo componente, sia come offesa portata direttamente all’ente.

2) non è possibile escludere l’offesa alla reputazione sulla considerazione che per assumere rilevanza penale l’offesa debba riguardare comportamenti riferiti alla parte lesa. In questo assurdo caso, infatti, vi sarebbe diffamazione solo in caso di pubblicazione di fatti direttamente imputabili alla parte lesa (e nel caso dell’articolo di CalabriaOra, sebbene falso, l’accoltellamento era stato imputato non al locale, ma ad un avventore dello stesso!). Posto, infatti, che la reputazione è data dalla stima e dalla considerazione di cui un soggetto gode nell’ambito sociale ed economico di appartenenza, la reputazione è pregiudicata non solo dalla attribuzione alla persona di comportamenti, ma anche dalla divulgazione di notizie comunque idonee ad intaccarne l’opinione tra il pubblico dei consociati.

Pertanto non solo fatti imputabili direttamente alla parte lesa, ma anche abitudini, attitudini e qualità (negative, ovviamente) ad essa attribuite e persino situazioni equivoche in cui venga indebitamente collocata possono essere idonei a ledere il bene protetto e quindi ad integrare il reato di diffamazione a mezzo stampa.

Allorché poi si tratti di un ente commerciale, la nozione di reputazione deve ritenersi comprensiva anche della attività svolta, sicché la condotta lesiva può attenere anche al buon nome commerciale del soggetto giuridico offeso.

Il Giudice del Tribunale di Cosenza, infatti, pur riconoscendo che la notizia dell’accoltellamento ERA FALSA, ha errato nel pronunciare sentenza di non luogo a procedere, poiché la lesione della reputazione può anche conseguire, come in questo caso, alla narrazione di fatti che, sebbene non riguardino direttamente la persona offesa (poiché non commessi direttamente dal gestore del Disco Pub), possano farla apparire inadeguata rispetto alla funzione economica che svolge.

Ciò che meraviglia di più, in tutta questa storia, è che il quotidiano in questione, sebbene non si sia fatto scrupoli nel pubblicare una notizia falsa, è rimasto nel silenzio sia dopo la pubblicazione di questa sentenza, sia  quando il GUP del Tribunale di Cosenza (al quale la Cassazione ha rinviato), disponeva il rinvio a giudizio del suo precedente Direttore responsabile.

Al silenzio si sono aggiunti TUTTI I QUOTIDIANI LOCALI, in una vergognosa SOLIDARIETA’.

Allora è proprio vero che il diritto di cronaca e la liberta’ di stampa esistono… si, ma solo quando non riguardano un giornalista ;)

Scarica la sentenza: Cass Pen Sentenza n. 949/12

About Michele Iapicca 319 Articoli
Ha conseguito la laurea in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Messina nel 2001. Ha svolto la pratica forense presso lo Studio Legale Provenzano in Cosenza, conseguendo l’abilitazione nel 2003. E’ iscritto all’albo dei Conciliatori presso la Camera di Commercio di Cosenza ed è attualmente Conciliatore presso lo stesso Ente. E’, altresì, iscritto nell’albo degli Arbitri presso la Camera Arbitrale ‘C. Mortati’ della CCIAA di Cosenza. Il suo nominativo è presente sia nell’albo dei difensori di ufficio che in quello del gratuito patrocinio per i non abbienti (nella sezione diritto civile). Si occupa prevalentemente di processo telematico, diritto civile, fallimentare, separazioni e divorzi, appalti, infortunistica in generale, recupero crediti ed esecuzioni, diritto tributario, consulenza specialistica ad imprese.

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