Segnaliamo questa importante sentenza della Cassazione che disciplina le conseguenze della notifica di un atto di impugnazione presso un domicilio diverso da quello indicato dalla parte in sentenza (ovviamente quando la parte si sia avvalsa della facoltà ex art. 330 c.p.c.).
Se, nella notificazione della sentenza, la parte elegge domicilio a norma dell’art. 330 c.p.c. presso un professionista diverso da quello che l’aveva difesa e presso il quale essa aveva eletto domicilio nel precedente corso del giudizio, senza tuttavia espressamente revocare anche il mandato defensionale rilasciato al primo avvocato per tutti gli eventuali gradi del medesimo giudizio, la notifica dell’atto d’impugnazione eseguita presso lo studio di quel primo avvocato è nulla, ma non giuridicamente inesistente. Il relativo vizio è sanato dalla costituzione nel giudizio d’impugnazione della parte cui la notificazione era destinata 1
- 1. Cass. Sez. I n. 2759 del 23/2/2012: …omissis…
Motivi della decisione
1. Va premesso che non sussiste la ragione d’inammissibilità del ricorso dedotta in via preliminare dalla difesa della società controricorrente, giacchè il ricorso medesimo reca indicazioni sufficienti a far ben comprendere quale sia stata, per quanto qui interessa, la decisione impugnata e quali le ragioni dell’impugnazione.
2. La ricorrente, in primo luogo, insiste nel sostenere che la notifica dell’atto d’appello di cui si discute non sarebbe giuridicamente inesistente, bensì nulla, e dunque risulterebbe sanata dall’avvenuta costituzione in giudizio dell’appellata (donde la violazione degli artt. 156 e 330 c.p.c. denunciata nel primo motivo di ricorso).
Col secondo motivo, nel dolersi della violazione dell’art. 112 c.p.c. (o, in alternativa, di omessa motivazione su un punto decisivo della vertenza), la medesima ricorrente sostiene che, essendo la S.N.S. Sviluppo Navale Sardo s.p.a. (parte originaria del giudizio di primo grado) venuta meno per effetto di un’operazione di scissione già al tempo della notifica della sentenza del tribunale e della designazione del nuovo difensore, quella notifica e quella designazione erano state prive d’effetto. Correttamente perciò l’atto d’appello era stato poi notificato al difensore che aveva rappresentato l’appellata nel giudizio di primo grado e mai, comunque, era iniziato a decorrere il termine breve d’impugnazione stabilito dall’art. 326 c.p.c..
3. L’esame del secondo motivo di ricorso è logicamente preliminare.
Detto motivo risulta però manifestamente infondato. Come già a suo tempo indicato nella relazione predisposta a norma dell’art. 380-bis c.p.c., comma 1, infatti, alla tesi prospettata dalla difesa della ricorrente si può decisivamente obiettare che, a quanto è dato ricavare dal testo dell’impugnata sentenza (che non ha perciò omesso di prendere posizione sul punto), la società S.N.S. Sviluppo Navale Sardo s.p.a., che era stata parte del giudizio di primo grado ed ha poi provveduto a notificare alla controparte la sentenza del tribunale, con l’indicazione di un nuovo difensore domiciliatario, non ha affatto cessato di esistere, ma ha soltanto mutato la propria denominazione in Marina di Portisco s.p.a.; e nel controricorso ulteriormente si chiarisce che tale mutamento di denominazione è avvenuto in concomitanza con un’operazione di scissione parziale, all’esito della quale la società scissa (con la nuova denominazione di cui sopra) è però rimasta in vita.
Se così è, il fatto che, nella notifica della sentenza di primo grado, sia stato indicato il nome col quale la medesima persona giuridica aveva operato in quel grado del giudizio, ancorchè tale nome sia successivamente mutato, non è idoneo a privare di effetti nè detta notifica nè la contestuale nomina di altro difensore domiciliatario, al cui indirizzo quindi l’atto d’appello avrebbe dovuto esser notificato.
4. Resta però da stabilire – e viene quindi in evidenza il primo motivo del ricorso – se il suaccennato vizio della notifica dell’appello ne abbia determinato l’inesistenza o la semplice nullità.
La corte territoriale, nel dichiarare l’inammissibilità del gravame, si è richiamata ad un principio ripetutamente enunciato dalla Cassazione (si vedano, tra le altre le sentenze n. 1100 del 2001, n. 5025 del 2002, n. 3964 del 2008 e n. 3338 del 2009), secondo cui è da considerare inesistente – e non semplicemente nulla – la notifica dell’impugnazione eseguita presso il procuratore che sia stato revocato dal mandato e sostituito con altro difensore, una volta che nel giudizio la controparte abbia avuto conoscenza legale di tale sostituzione: con la conseguenza che un siffatto vizio è insuscettibile di sanatoria, perchè è ormai venuto meno ogni riferimento tra la parte cui l’atto è destinato e la persona ed il luogo nei quali la notificazione è stata effettuata.
La difesa della società ricorrente, per contrastare siffatta conclusione, ha invocato altri precedenti del giudice di legittimità: Cass. n. 8010 del 2009, Cass. n. 9528 del 2009 e Cass. n. 621 del 2007. Come prospettato nella già più volte citata relazione depositata a norma dell’art. 380 bis, comma 1, tuttavia, tali precedenti non appaiono in reale contrasto con il suaccennato orientamento. Cass. n. 8010/09, infatti, pur parlando di nullità (anzichè d’inesistenza) della notifica, non prende in alcun modo esplicita e motivata posizione sul punto, giacchè in quel caso la mancata costituzione in appello della parte destinataria dell’atto d’impugnazione mal notificato non consentiva comunque d’ipotizzare la sanatoria del vizio; Cass. n. 9528/09 riguarda l’ipotesi della notifica dell’atto al difensore della parte che frattanto sia stato cancellato dall’albo professionale, che è diversa da quella del difensore al quale la parte stessa abbia revocato il mandato sostituendolo con altro professionista e facendo, per ciò stesso, venir meno ogni collegamento col primo; e Cass. n. 621/07 si riferisce ad una fattispecie ancora differente, nella quale la notifica dell’atto d’appello era stata effettuata al difensore indicato in un atto di precetto, anzichè al procuratore costituito nel giudizio di primo grado, essendo stato però l’atto di precetto notificato unitamente alla sentenza di primo grado poi appellata.
Occorre però tener conto anche di quanto evidenziato nella memoria depositata dalla ricorrente a norma dell’art. 380-bis c.p.c., comma 2, e cioè del fatto che l’elezione di domicilio della parte appellata presso il nuovo difensore risulta, sì, dalla relazione di notifica della sentenza di primo grado alla controparte, ma non reca alcuna sottoscrizione del legale rappresentante della medesima appellata e, soprattutto, non esprime alcuna volontà di revoca del mandato ai precedenti difensori.
Ora, è vero che l’art. 330 c.p.c., comma 1, non precisa con quali modalità la parte debba effettuare, “nell’atto di notificazione della sentenza”, quell’elezione di domicilio che fa sorgere l’onere per la controparte di notificare l’eventuale atto d’impugnazione in detto domicilio. Non può certo dubitarsi che l’elezione di domicilio debba provenire dalla parte domiciliata, ma l’indicazione con cui l’ufficiale giudiziario dia atto di tale elezione di domicilio deve far ragionevolmente presumere, almeno sino a prova del contrario, che questa effettivamente provenga dalla parte cui la relativa dichiarazione viene imputata.
Il fatto, però, che nell’atto di notificazione della sentenza risulti l’elezione di un domicilio della parte notificante presso un soggetto diverso da quello che figurava come domiciliatario nel corso del pregresso giudizio, non equivale a revoca del mandato al precedente difensore. E’ evidente che la qualifica di difensore e quella di domiciliatario, pur se rivestite in concreto dal medesimo professionista, non si identificano, ben potendo il difensore non essere anche domiciliatario. Nel procedimento in esame, in effetti, la parte vittoriosa in primo grado era stata difesa da due legali, l’avv. Soggia e l’avv. Pappalardo, presso il secondo dei quali aveva eletto domicilio. Nella relazione di notifica della sentenza di primo grado è indicata una diversa elezione di domicilio, presso lo studio di un ulteriore professionista, l’avv. Mandara. Non v’è dubbio, pertanto, che l’atto d’appello della Sogeca avrebbe dovuto essere notificato presso quest’ultimo e non invece presso l’avv. Pappalardo, come invece è accaduto.
Per poter tuttavia affermare che un siffatto vizio ha cagionato l’inesistenza giuridica della notifica dell’appello, e non già la sua nullità, occorrerebbe poter sostenere che, all’atto della medesima notifica, nessun significativo legame era più assolutamente ravvisabile tra il cessato domiciliatario – il predetto avv. Pappalardo – e la società appellata. La violazione delle disposizioni circa la persona cui deve esser consegnata la copia dell’atto determina, infatti, la nullità della notifica, come espressamente indicato dall’art. 160 c.p.c., mentre l’inesistenza è configurabile solo se la notifica sia effettuata in luogo ed a persona non avente alcun riferimento con il destinatario della stessa (in tal senso, tra le altre, Cass. 12 maggio 2011, n. 10464; e Cass. 21 marzo 2011, n. 6470). Ma all’avv. Pappalardo era stato conferito un mandato difensivo non limitato al solo primo grado, bensì esteso anche agli eventuali gradi di giudizio successivi. E’ vero che tale mandato difensivo (a differenza di quello conferito al codifensore avv. Soggia) non è stato poi più reiterato all’atto della costituzione della Marina di Portisco dinanzi alla corte d’appello, ma quando la sentenza del tribunale era stata notificata alla Sogeca Petroli e quando quest’ultima aveva notificato a propria volta l’atto di gravame, il mandato difensivo all’avv. Pappalardo non risultava esser stato revocato, poichè s’è già sottolineato che la designazione di un nuovo domiciliatario non equivale alla revoca del mandato conferito al difensore presso il quale la parte abbia anche eletto domicilio precedentemente.
Ne consegue che la notifica dell’appello fu eseguita presso lo studio di un professionista che, pur non essendo già più colui al quale l’atto avrebbe dovuto esser consegnato, non aveva tuttavia ancora cessato in quel momento di avere un rapporto processualmente significativo con la parte destinataria della notifica stessa. Si tratta, perciò, di una notifica nulla, in quanto non conforme al modello dettato dall’art. 330 c.p.c., ma non anche giuridicamente inesistente.
Deve dunque essere enunciato il principio di diritto per cui se, nella notificazione della sentenza, la parte elegga domicilio a norma dell’art. 330 c.p.c. presso un professionista diverso da quello che l’aveva difesa e presso il quale essa aveva eletto domicilio nel precedente corso del giudizio, senza tuttavia espressamente revocare anche il mandato defensionale rilasciato al primo avvocato per tutti gli eventuali gradi del medesimo giudizio, la notifica dell’atto d’impugnazione eseguita presso lo studio di quel primo avvocato è nulla, ma non giuridicamente inesistente; con la conseguenza che il relativo vizio è sanato dalla costituzione nel giudizio d’impugnazione della parte cui la notificazione era destinata.
5. Essendosi una tal sanatoria verificata nel caso in esame, in virtù dell’avvenuta tempestiva costituzione della Marina di Portisco nel giudizio di secondo grado, l’appello non avrebbe dovuto esser dichiarato inammissibile, e ciò impone di cassare l’impugnata sentenza con rinvio della causa alla medesima corte territoriale (in diversa composizione), cui si demanda di provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La corte rigetta il secondo motivo di ricorso, accoglie il primo, cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, demandandole di provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.[↩]