Per come noto, il patto di quota lite, in passato assolutamente vietato 1, è un accordo tra avvocato e cliente in base al quale si attribuisce al primo, quale compenso della sua attività professionale, una parte dei beni o diritti controversi, ovvero con il quale l’onorario da corrispondere al professionista sia ragguagliato al valore dei beni o diritti in causa, anche in percentuale.
A seguito della riforma, il patto di quota lite non è più vietato, purché, sia redatto in forma scritta, pena la nullità dell’accordo.
La seconda sezione civile della Cassazione, sent, 26-4-2012, n. 6519, ha precisato che ‘non sussiste il patto di quota lite, non solo nel caso di convenzione che preveda il pagamento al difensore, sia in caso di vittoria che di esito sfavorevole della causa, di una somma di denaro ma non in sostituzione, bensì in aggiunta all’onorario, a titolo di premio (cosiddetto palmario) o di compenso straordinario per l’importanza e difficoltà della prestazione professionale da accertare in concreto sulla scorta di idonei riscontri probatori), ma anche quando la pattuizione del compenso al professionista limitato agli acconti versati, sia sostanzialmente – anche se implicitamente – collegata all’importanza delle prestazioni professionali od al valore della controversia (presupposti questi, anch’essi, da verificare in concreto) e non in modo totale o prevalente all’esito della lite’.
–> Scarica sentenza n. 6519/12 per esteso – Fonte Cassazione.net
- 1. v. vecchia formulazione art. 2233 c.c. Compenso. Il compenso (2751), se non è convenuto dalle parti e non può essere determinato secondo le tariffe o gli usi, e determinato dal giudice, sentito il parere dell’associazione professionale (ora consiglio dell’Ordine) a cui il professionista appartiene. In ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione (2956). Gli avvocati, i procuratori e i patrocinatori non possono, neppure per interposta persona, stipulare con i loro clienti alcun patto relativo ai beni che formano oggetto delle controversie affidate al loro patrocinio, sotto pena di nullità (1418 e seguenti) e dei danni.[↩]